Oggi mi sono ritrovato a camminare con le braccia dietro la schiena, tenendo con il palmo della mano sinistra il dorso della mano destra. Camminavo in maniera regolare, avanti e indietro, pensando e riflettendo su quello che mi circonda e su come lo stia affrontando. Non so per quale motivo o per quale ragione, non so nemmeno perchè i miei pensieri siano corsi così lontano e distanti da me, ma d’un tratto mi sono sentito come sul ponte di una nave, con degli uomini vicino ai timoni, con il ponte pieno di marinai che si muovevano velocemente seguendo i comandi e pronti ad usare i cannoni di babordo. Una immagine così realistica che mi sembrava di sentire il vento che scorreva tra i capelli e la salsedine stringermi la pelle, il sole alto che mi avrebbe accecato se non avessi avuto il mio capello. Andare alla scoperta dell’ignoto cercando la vittoria là, dove la mia mente non era mai stata od osservare le onde del mare e lasciare che la mia nave le solcasse andando dove il vento soffiava? Il cuore mi diceva di andare il cervello di osservare, il cuore di seguire il mio istinto, il cervello di seguire la ratio. Ed io, comandante della nave, mi muovevo lentamente sul ponte di comando pensando al bene di tutti, ma proprio tutti. Poi mi sono sentito chiamare, il vento in poppa è svanito, il rumore delle vele e delle corde anche, il salmastro non mi ha più bagnato la faccia ed il sole tirato la pelle, in cielo non c’era più il sole, le nuvole ed i gabbiani, ma altro intorno a me. Non ero in mezzo al mare, ma in mezzo ai miei pensieri e con loro percorrevo un mare conosciuto e abitato di incertezze. Alcune volte è bello sentirsi cervello, altre è preferibile essere braccio.   Così. Per dire. CJJ