Ci sono cose che accadono per pura combinazione o casualità, e cose che accadono perché devono accadere.

Sono sempre stato convinto che per ognuno di noi ci sia una strada da percorrere e, se anche ci facciamo convincere o imporre da altri che ci sia una via più corta, semplice o fruttuosa, alla lunga torneremo lungo il nostro sentiero.

Giusto? Sbagliato? E chi potrà mai dirlo, sta di fatto che se una persona nasce tonda morirà tonda, al massimo ovale 🙂 ma non potrà mai modificare la sua dimensione, la sua idea di vita, di rapporto con gli altri e di condivisione.

Quindi perché accanirsi nel voler trasformare qualcuno in qualcosa di simile a noi?

Perché pensare? sperare? illudersi? che altri, spesso degli estranei che seppur bravi o professionali penseranno a noi solo qualche minuto della loro vita, possano capirci meglio di quanto non possiamo noi stessi?

Perché rifiutarsi di accettare la molteplicità del mondo e della vita, con tutte le sue complessità, cercando di imporre uno standard, di catalogare e di omologare tutto e tutti, invece che capire che siamo arrivati ad oggi solo perché siamo diversi?

Cosa sarebbe il mondo se tutti fossimo biondi, ci fossero solo pianure, avessimo lo stesso stile architettonico e la stessa lingua, non ci fossero i mari, i laghi, le montagne e le colline?

Noia, solo ed esclusivamente noia.

Che ci piaccia oppure no, questa incontrollabile dinamicità, è la base della vita. Colori, passioni, pensieri e azioni sono solo un turbinio di differenti stati d’animo che ci portano a girare per il mondo cercando delle emozioni che seppur brevi saranno dentro di noi per sempre.

Ecco che ci sarà chi festeggerà un diciassettesimo, facendo una festa con tutti gli amici che ha perché si ribella all’idea che solo a diciotto anni ciò debba essere fatto e chi a diciassette anni, spengerà le candeline insieme a persone che fino a pochi mesi fa erano degli estranei, sentendo sulle spalle un peso diverso, quello della cultura.

Cambia poco, ovviamente, perché il mondo va avanti e nessuno si sofferma a riflettere su queste piccole cose, ma chi, come me, delle piccolezze e delle sensazioni, ha fatto il suo IO, non può non pensarci e rifletterci e quindi penso, penso e penso ancora a cosa si provi, a cosa accada, a quali dinamiche si muovano e quali sensazioni si sopiscano, alle lacrime trattenute e a quelle liberate, al sorriso di felicità e quello di dolore, agli occhi lucidi, alle parole mai dette e quelle urlate.

Alla fine che rimarrà di tutto questo?

Persone che sono cresciute diversamente, persone che avranno maturato più velocemente di altre, persone che dovendosi imbattere in un mondo non loro avranno imparato l’arte del “sopravvivere nella giungla”, persone che avranno saputo gestire la lontananza e la distanza, persone che avranno capito come congelare il tempo in certi frangenti e come amplificarlo in altri, persone che avranno capito che nel mondo non esistono solo ladri e farabutti, ma anche persone disposte a condividere con te tutta la loro vita.

Qualcuno mi domanda se la prova più difficile fosse per chi parte o per chi resta, all’inizio pensavo per chi parte, deve incontrare mondi nuovi e persone strane, non ha le sue comodità e le sue abitudini, ma oggi sono sicuro che sia per chi resta.

Saper attendere non è un arte facile.

Saper aspettare e accettare che le cose accadano senza che tu possa gestirle, non è un arte facile.

Non indicare la via ma capire quale essa sia, non è un arte facile.

Rendersi conto di non essere insostituibile, non è un arte facile.

Non c’è rimorso o delusione in questo, ma solo la consapevolezza che non si smetterà mai di studiare, crescere ed imparare e allora si, quando accetteremo questo, anche un diciassettesimo festeggiato lontano e senza viverlo, può risultare bello.

Guarda sempre il cielo, perché le stelle si riposano sopra le nuvole.

cosi. per dire. CJJ