Ogni volta che rientro da viaggi come questo provo le stesse sensazioni, proprio le stesse.

Basta che senta il suono della mia lingua, la cadenza del mio dialetto, il modo di vestire del mio popolo o la mancanza di regole del mio pari che mi sento turbato, infastidito, anche un po’ amareggiato.

Non amo il modo di fare che abbiamo, perchè noi come regola base non abbiamo regole, conta solo chi arriva primo, non sopporto il sentirsi superiori in tutto, quando superiori non lo siamo in niente e a nessuno e quando questo accade, sin dalle sale di aspetto degli aeroporti, mi domando cosa mi leghi a questa terra, a queste origini a queste tradizioni.

Verrebbe da dire, giustamente, “Se ci stai così male perché non te ne vai?” A questo giro ci ho pensato molto, tanto, alla fine ho capito che non c’è davvero un motivo valido e giusto perchè io sia qui. Non c’è alcun filo che mi leghi a questa nazione, a questa città, anche se questa è forse una di quelle con maggiori tradizioni d’Italia.

Io non la sento mia, non la capisco e  vedo che i miei ideali sono sempre più lontani.

Ho viaggiato tanto, forse è per questo e so che altrove ci sono altri problemi, che ovunque c’è qualcosa che non funziona, ma se così è, perchè non scegliere di vivere quel che mi rimare dove almeno potrò veder sorgere un germoglio? perchè non provare a tornare ad essere quel panzer che ero, perchè non provare a sognare ancora?

Non c’è un tempo per smettere di farlo, un tempo per arrendersi, un tempo per gettare la spugna, almeno non per me o almeno non è ancora arrivato e, allora, se questa terra non è più mia perchè calpestarla? se questo spazio non è più mio, perchè viverlo? se questa aria non è più mia, perchè respirarla?

Ho ben chiaro dove andrò, ho ben chiaro cosa farò, ho ben chiarò chi sarò e nulla si frapporrà tra me e me, nemmeno io. Nulla.

Ho solo bisogno di tempo.

Così. Per dire. CJJ