Ogni viaggio, lungo o breve che sia, pone una distanza fisica tra due persone.

Alcune volte il tempo scorre così velocemente da non darti modo di rifletterci, ma altre volte, quando i secondi rallentano così tanto da sembrarti ore e i giorni si accavallano senza più dare un perchè alle stagioni, ti rendi conto che c’è di più, molto di più dello spazio a dividervi.

Non sai quello che succede, lo puoi immaginare, certo, ma non è proprio uguale.

Non sai quello quali emozioni provi, lo puoi immaginare, certo, ma non è proprio uguale.

Non sai quale ansie o paure lo attanaglino, anche queste le puoi immaginare, certo, ma non sono proprio la stessa cosa.

E così succede che giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, quella quotidianità ti manca, quelle banali risate ti mancano, quei riccioli rossi, ti mancano, quel fragoroso modo di vivere, ti manca, quel gigantesco corpo da bambino ti manca così tanto anche se provi a fingere che non sia così.

Prima ti nascondi dietro ad un “lo faccio per lui”, poi capisci che è una bugia così grande che non ti basta più.

Poi ti soffermi a guardare chiunque abbia la sua età, i suoi capelli, il suo nome, come se fosse lì, da qualche parte.

Alla fine, ti abitui a non sentirlo, anche se corre e ride nel tuo cuore, ti rassegni, certo, ma tutto diventa un dolore, un fastidio, un ricordo e ciò che era banale sai che è essenziale.

Chi mi conosce o pensa di conoscermi, spesso ha provato a dirmi che sa di cosa parlo, sa cosa provo, ma chi può saperlo davvero, se nemmeno io riesco a capirlo?

“Lying in my bed, I hear the clock tick and think of you”

così. per dire. CJJ