Stamattina, durante una passeggiata, nella mente mi è sobbalzato un pensiero: siamo liberi, ma liberi di?

Mi sono guardato intorno, ho pensato al passato e al presente, al mio malessere nel vivere questa pandemia, dove in un mondo convulso si è azzerato tutto quello che concerne la “libertà” (appunto) di fare senza porsi domande.

Vivevamo la vita con serenità e con la convinzione di essere liberi ed indipendenti, ma alla fine chi davvero lo è e quando?

Sin dalla nascita siamo vincolati a chi ci permetterà di crescere scoprendo il mondo, con amore, ci mancherebbe, ma sempre con un occhio vigile. Poi passiamo nelle mani della scuola, dove vincoli e lacci, ti portano (chi più e chi meno) a diventare grande e con i grandi dialogare. Quando gli ormini iniziano a scalpitare, arriva il lavoro che ti chiude in una stanza (ma la libertà non sarebbe guardare l’orizzonte senza vedere ostacoli?).

Poi la famiglia, dei bambini che dipendono da te e le responsabilità del loro futuro. E la libertà?

Lo stato, che raramente è come lo vorresti e le ingiustizie che giorno dopo giorno vedi (spesso nemmeno sono tali) e che non accetti.

La pensione, per chi l’avrà, ma accompagnata da nipoti e l’età, per poi fermarsi su un divano e guardare una badante che attende la tua fine per trovare qualcun altro a cui “badare”.

In questo circolo della vita, dov’è la libertà?

Ovunque, verrebbe da dire, da nessuna parte, verrebbe da pensare.

E mentre passeggiavo e pensavo a tutto ciò, mi sono ricordato Fromm e tutto mi è sembrato chiaro: “L’uomo crede di volere la libertà. In realtà ne ha una grande paura. Perché? Perché la libertà lo obbliga a prendere delle decisioni, e le decisioni comportano rischi.

così. per dire. CJJ